di Gigi Sanna
Fig. 1 (Da: M.A. Fadda, Nel segno dell´acqua, 2013, Carlo Delfino ed. )
L'oggettistica scritta nuragica (1) non finisce di stupire. La fantasia degli scribi
artigiani è davvero incredibile se è vero, com'è vero, che per rendere il
linguaggio formulare (2) riguardante la divinità luminosa YHWH (e i principi
figli di essa) si usano le più strane e
complesse raffigurazioni. Spesso si tratta di un lusus spettacolare,
sofisticatissimo e per pochi, tutto teso
com'è a rendere quasi impenetrabile il rebus. Anche chi sa e sa leggere,
consapevole delle regole del codice convenzionale e consapevole ancora di
trovarsi sempre davanti alle stesse voci, stenta a districarsi per delle
'letture' (quasi sempre più di una) che, pur eseguite con coerenza e logica
rigorosissime, si nascondono ad una immediata
e superficiale comprensione.
Lo abbiamo detto tante volte: chi vuole
imparare a leggere e ad interpretare la scrittura nuragica, non solo deve
conoscere i segni e le variazioni
continue che essi subiscono nel tempo, ma
deve anche armarsi di pazienza
per dipanare pian piano piccole o grandi matasse aggrovigliate a bella posta.
La scrittura religiosa nuragica, così come quella egizia, è proprio 'sacra'; i
segni possono essere chiamati tranquillamente
'geroglifici' perché nessuno deve contaminarli, toccarli, afferrarli.
Sacro in latino significa proprio 'non toccabile, non contaminabile, non
violabile'.
Abbiamo visto come questo tipo di scrittura
sacra criptata si estenda a quella greca pitica di Glozel e a quella
etrusca (3). Sempre di più si capisce che nuragico, pitico ed etrusco sono scritture
santuariali, diverse ma imparentate tra
di loro in virtù di diversi espedienti scrittori (λοξότης, mix segnico e linguistico, variatio,
legatura, ecc.) che servono per la creazione del rebus e quindi per rendere
difficoltosa, elitaria e di casta ogni lettura. Gli scribi dei grandi santuari
del Mediterraneo orientale ed occidentale, per secoli e secoli, furono in
contatto tra di loro e, in quanto adoratori e servitori di una divinità unica
luminosa (soli lunare) androgina (4), inconoscibile,
misteriosa e ambigua, adattarono a queste sue prerogative i segni della
scrittura, sia che questa venisse effettuata attraverso segni lineari
alfabetici, sia attraverso la pittografia e l'ideografia sia attraverso la
numerologia logografica convenzionale. Quando gli Etruschi prima e i Sardi poi vennero
sconfitti dai Romani (5), man mano si spense, vuoi per la scarsa frequentazione vuoi per la chiusura dei
santuari a causa della sconfitta politica dei Lucumoni principi etruschi
e degli abay shardan giganti la conoscenza della scrittura criptata, a
rebus e a tutto campo.
Non ci sembra un caso che gli archeologi
francesi (e non solo francesi) per i documenti pitici, gli archeologi di tutto
il mondo per l'etrusco, gli archeologi sardi (6) per il nuragico non
siano ancora riusciti a decifrare o al massimo siano riusciti ad 'interpretare'
dei documenti estremamente ostici perché scritti per essere proprio ostici e
intraducibili per tutti se non per gli addetti ai 'lavori religiosi' e
cioè agli scribi dei santuari. Ostici e
intraducibili, si badi, già in quel tempo e figurarsi per noi che siamo così
lontani, del tutto estranei a certe tecniche arcaiche (7) di
scrittura e forniti di conoscenze
linguistiche scarse, approssimative o del tutto nulle.
Riteniamo quindi che solo un approccio alla
conoscenza, la massima possibile, di tutti e tre i codici di scrittura, lo
studio intenso e sistematico delle differenze e delle convergenze dei requisiti
per ottenere la scrittura a rebus, la comprensione linguistica formulare in mix
o no (greco, semitico, etrusco, sardo arcaico, latino, greco lidico (?)),
possano contribuire a rendere più chiaro, anche perché più esteso nello spazio
e nel tempo, il complesso fenomeno della 'scrittura' (in senso 'lato') del
Mediterraneo orientale e occidentale, in un periodo che va all'incirca dall'età
del cosiddetto bronzo medio sino al periodo romano repubblicano e forse
imperiale (8).
2.
L'amuleto bronzeo del santuario nuragico del Monte Sant'Antonio di
Siligo. I 'semata' nascosti. Numeri, dita, cerchi.
Maria Ausilia Fadda così, con questa bella
foto, ci presenta in un suo recente libro (M.A. Fadda, Nel segno dell´acqua, 2013, Carlo Delfino ed.) l'oggetto rinvenuto nel
santuario del Monte Sant'Antonio di Siligo, cioè con il davanti e il retro e
accompagnandolo con la seguente, scarna e direi alquanto imbarazzata,
didascalia: ' Mano di bronzo che sostiene un piatto con due oggetti
allungati poco definiti, forse un'offerta di cibo'.
Dunque con la sua analisi epidermica la
studiosa arriva a vedere:
-
una mano di
bronzo
-
un piatto
-
due oggetti
allungati (incerti come identità)
-
l'offerta e il
cibo (non si sa se presenti l'una e
l'altro)
In
altre parole l'ermeneutica della studiosa, che non si sbilancia più di tanto e
si attiene 'razionalisticamente' al sufficientemente sicuro o al massimo
all'opinabile, giunge a dirci che ci troviamo di fronte ad un piatto con del
cibo, forse per offerte (gli oggetti), tenuto con una mano. Se così fosse e
l'occhio non ci portasse a vedere dell'altro e a precisare meglio come è fatto l'oggetto potremmo dire che i
nuragici ci hanno tramandato in questo caso un qualcosa di molto prosaico e di
significato quasi irrilevante. Che è infatti un oggetto siffatto? Detto e
spiegato così niente. E cosa significa quel niente in un sito che viene
definito come santuario? Non si dice che è un pezzo di un bronzetto, di un
'offerente', uno dei tanti offerenti che ci ha tramandato la piccola statuaria
nuragica. E infatti non lo è. E allora, essendo evidentemente un pezzo che
quanto a significato racchiude in sé e il particolare e il generale, come lo si
deve intendere? E' un oggetto della
'religio'? E se sì che funzione avrebbe?
E domandiamoci ancora: si è proprio sicuri di averlo descritto bene
tutto l'oggetto? Tutti i particolari sono stati presi in esame? E come va
visto? Verticale così come lo si presenta nella pagina del libro? O
orizzontale? Perché se braccio (c'è anche il braccio o perlomeno una parte di
esso), mano e 'piatto' sono orizzontali bisogna specificarlo, anche se i due
presunti 'oggetti' sul piatto
dell'offerente farebbero intendere una posizione (apparentemente)
orizzontale della mano e del 'piatto'.
Vediamo però di descriverlo meglio
l'oggetto che, secondo noi si, presenta così:
-
un disco con due
facce (a + b)
-
una mano con
un braccio che sorreggono
-
una faccia 'a' di
un disco, con un vistoso segno
puntiforme in rilievo disegnato al centro, appena al di sotto o assieme al
bordo della circonferenza del disco
-
il dorso della
mano con quattro dita
-
una faccia 'b'
con due 'segni' paralleli orizzontali nella parte mediana e alta del
disco
-
un pollice, sempre nella parte 'b', della
mano destra (ovviamente) 'staccato' dalle altre quattro dita disegnate nella
faccia 'a'
Attraverso un più accurato esame vediamo
dunque che l'oggetto si mostra più complesso e che in ogni faccia del disco compaiono tre segni,
compreso il supporto.
Ora noi sappiamo che segno frequentissimo (9) della scrittura
nuragica è il disco, piccolo o grande che possa essere (v. figg. 2 )
oppure il cerchio (figg. 3 - 4) che
assume sempre il significato di ' NR' ovvero di 'luce immortale' (10). NR o NL che comprende, in quanto 'luce' sia quella
solare (maschile) sia quella lunare (femminile) ovvero le due facce del
disco luminoso, il 'doppio occhio' della divinità.
E sappiamo anche dalla frequente scrittura
numerale che i nuragici notavano i simboli ideografici numerici (v. figg. 5 - 6 -7 -8)
attraverso punti oppure linee verticali (11).
fig. 2 fig. 3 - 4
fig. 5 fig. 6
fig. 7 trascrizione
fig. 8 fig. 9
La lettura dell'oggetto sarà allora, in base ai segni, tutti i segni presi in esame:
Faccia a) Disco + punto + quattro segni verticali
Faccia a) Disco + punto + quattro segni verticali
Faccia
b) Disco + due linee orizzontali + un
segno verticale
ovvero:
Faccia
a) NR + Toro + Forza
Faccia
b) NR + Toro + ' Z
Da ciò risulta che in tutte e due le facce
sta scritto: ' Forza del Toro della luce' . C'è scritta la voce 'NR'AK' ovvero
la parola composta (12) che così tante volte troviamo nella documentazione nuragica.
Ma in base a quali elementi riusciamo a risolvere i due rebus con identico
significato delle facce 'a' e 'b' del disco? In base a quale criteri di
scrittura? In base a quali convenzioni?
La risposta è: in base al solito modo di
scrivere dei nuragici, in audace crittografia ma rispettoso sempre del sistema che si basa, soprattutto, sul mix dei
segni pittografici, ideografici e lineari. Si tratta
sempre di vedere come e dove sono 'scritti' quei segni, in che direzione di
lettura procedono e che in relazione
sintattica stanno tra di loro.
Abbiamo già spiegato il valore fonetico del
pittogramma disco o cerchio e il valore degli ideogrammi numerici attraverso i
punti e le linee. Questi ultimi, posti non a caso rispettivamente in alto e in
basso nel disco, rappresentano il numero uno perché i nuragici notavano
indifferentemente il primo numero o con un punto o con una lineetta verticale.
Ora il passaggio metonimico dall'uno
alla prima lettera dell'alfabeto ovvero 'aleph' è semplice ed è evidente che lo scriba usa la
trasposizione per realizzare 'altro' nella scrittura e più precisamente il
'toro'. Se qualcuno avesse qualche dubbio sulla taurinicità dei due
segni e ciò che essi notano per metonimia
basta osservare la magnifica tavoletta di bronzo di Tzricotu di
Cabras alle figg. 8 -9 che spiega (si
osservino i segni colorati in rosso), in tutta l'effervescenza
totalizzante dei 'grammata' taurini (13), cosa
sono mai i segni verticali e quei punti, agglutinati (14) o non
agli altri. Sul significato
convenzionale del numero quattro (o sul quadrato) come valore traslato di
'forza' abbiamo detto numerose volte (15) e
crediamo che non sia il caso di tornarci.
3.
La voce 'OZ criptata
Spiegato dunque il significato presente
nella faccia 'a' ci resta però da chiarire il motivo per cui anche nella faccia
'b' c'è riportata la voce (16) 'oz,
cioè il motivo per cui si può sostenere che viene riportata attraverso il
criterio consonantico quella parola che nella faccia 'a' è riportato per
numero, ovvero attraverso un ideogramma. E' ancora il consueto e particolare
sistema o codice che ce lo suggerisce, dal momento che qui si fa uso dell' acrofonia, cioè dell'espediente che
spessissimo viene usato per rendere una determinata lettera, talvolta assai criptata,
dell'alfabeto consonantico. Infatti una volta individuata la lettera zayn
che chi conosce l'alfabeto nuragico (17)
riconosce facilmente (e non scambia
certo per 'oggetti' allungati', per 'grissini' o ' 'crostini o magari salsicce!) e sapendo che
essa non può essere che preceduta dalla ayin per rendere la comune
(forse la più comune nella lingua semitica nuragica) voce 'oz', balza evidente
che il segno precedente ovvero la linea
verticale è polisemico (18) e oltre che
significato di toro assume anche quella di 'fallo' (si veda la linea verticale
cosa rappresenta, per polisemia fallo -toro, nella suddetta tavoletta di
Tzricotu) .
Come si sa in semitico il 'fallo' si dice (19) 'rlh ערלה ,
voce che, con l'iniziale consonante aspirata 'ayin, permette di avere la parola 'oz עז.
4.
Le tre letture. La mano יד di
Yhwh.
Da quanto abbiamo appurato risulta quindi
scritta in entrambe le facce del disco la sequenza NR 'AK +
'OZ ovvero l'espressione 'forza del toro della luce'; espressione che si legge
però doppia solo se si prende come prima sequenza la faccia 'a' leggendola
dall'alto e poi la faccia 'b' leggendola dal basso. Altrimenti chiunque
potrebbe obiettare che la 'zayn' della seconda faccia non potrebbe come prima consonante , con la normale lettura
dall'alto, mai dare la voce 'OZ.
E che le cose stiano così lo suggerisce,
ancora una volta, la raffinata numerologia dello scriba che ci invita a
calcolare non una doppia ma una terza lettura, dopo quella delle due
parti del disco. Essa non può essere che
essere quella più evidente; evidente naturalmente se si capisce che c'è una mano
che sta 'sostenendo' un disco con due facce scritte e non un piatto con del cibo.
Ora la 'mano' in semitico si dice, come
sappiamo, yad יד e
sappiamo ancora che yad ha, tra
gli altri valori, quello di 'forza'. Non
è chi non veda allora che lo scriba scrive nascostamente la parola forza (la
mano) per la terza volta e sempre in maniera diversa (20),
unendola a quella di disco: 'mano (o
forza) che sostiene il disco', la quale tiene sospesa la doppia
faccia di esso (alludente, in tutta evidenza, a quella del sole e della luna). Per dirla in
breve ci troviamo davanti ad un oggetto del culto nuragico che ci dice che c'è una potente mano divina
che fa sì che gli astri luminosi possano stare sospesi in cielo e procedere
perennemente con il loro ritmo ciclico.
Resta però l'ultimo ma. Di chi è mai
quella mano che regge il doppio occhio della luce. C'è qualche modo per
capire il nome della divinità in possesso di quella straordinaria forza
taurina? C'è scritto il suo nome in qualche modo?
Gli
interrogativi si sciolgono se si tiene presente il particolare che ad essere
raffigurato nell'oggetto c'è non solo la 'mano' ma anche il 'supporto' di
quella mano ovvero lo hdm הדם. 'Supporto' che viene suggerito non solo dal fatto che
esso è ovviamente quello della mano ma anche dal fatto che l'oggetto, quel
particolare oggetto di bronzo, è munito di una base che consente di collocarlo verticalmente
e di piombarlo tra gli altri oggetti
votivi disposti in apposite lastre cultuali (v.figg.10 e 11). Il supporto offre
acrofonicamente la lettera consonantica 'h' e quindi il pronome 'hĉ'
(lui/lei) messo significativamente al posto del nome inconoscibile e
impronunciabile della divinità (21). E' questa la risorsa scrittoria maggiore a cui
ricorrono gli scribi sacerdoti artigiani quando realizzano l'espressione
formulare del bronzetto.
Fig.10 (da Fadda) fig.11 (da Fadda)
Riportando le tre letture avremo:
1)
Della luce del
toro (sole) forza: lettura dall'alto verso il basso
2)
Della luce del
toro (luna) forza : lettura
dal basso vero l'alto
3)
Della luce del
doppio toro (sole e luna) forza
Lui : di nuovo lettura dall'alto
verso il basso.
Insomma la faccia 'a' del disco ci dice della forza del toro Sole, la
faccia 'b' ci dice della forza del toro Luna
e la mano che stringe il disco (faccia 'a' e faccia 'b')
tenendolo sospeso ci dice di chi è, da chi proviene la forza dei due tori. Lo scriba ottiene
così, tra l'altro, con la voce 'forza' ripetuta 'tre volte', il consueto e
quasi imprescindibile numero magico divino.
5. Tre tabelle per agevolare
la lettura.
Pensiamo che a questo punto, data la
notevole complessità del rebus presente nell'oggetto votivo, sia
necessario far vedere, con delle tabelle esplicative, tutti i passaggi che
hanno permesso il suo scioglimento:
a.
Disposizione organica dei significanti:
b. Valori fonetici :
c. Traduzione:
d. Tre volte la voce 'OZ
riportata in 'variatio.
Note e riferimenti bibliografici
1.
Abbiamo affacciato l'ipotesi più di dieci anni fa dell'esistenza di una
scrittura nuragica religiosa che abbiamo chiamato 'con' (Sanna G, 2004, Sardōa grammata. 'Ag 'Ab Sa'an Yhwh. Il dio unico del
popolo nuragico, S'Alvure ed.
Oristano, cap. 5, pp. 183 - 236)
riguardante gli oggetti e i monumenti realizzati dai nuragici. Detta
ipotesi è stata da noi (e non solo da noi) ripresa e confermata con non pochi interventi scritti nel noto
Blog di Gianfranco Pintore e successivamente in quello di Aba Losi e di Romina
Saderi nonché nella rivista semestrale Monti Prama da noi diretta. Abbiamo altresì affermato che la scrittura 'con' si trova non
solo nei documenti 'pitici' di Glozel ma anche in quelli etruschi. Per questi ultimi si veda
Sanna G.,2011, Glozel, Maimoni di Cabras, Etruria: l'acrofonia e la
spettacolarità della scrittura arcaica
per immagini; in Gianfranco Pintore
Blogspot. com (16 giugno); idem, 2012, Gli
Etruschi allievi dei Sardi (II); in Gianfranco Pintore blogspot.com (15
Dicembre), ripubblicato con lo stesso titolo in Monte Prama blogspot.com (
01.12.2014 e 10. 12. 2014); idem, 2014, Stele
di Avele Feluskes. I nobili etruschi figli di Tin e di Uni. Scrittura e lingua
dei documenti funerari. L' acrofonia sillabica e non, la numerologia e la
chiara dipendenza dell'etrusco dal nuragico (II); in Monte Prama blogspot. com (28 Novembre);
idem, 2015, CERVETERI. L'iscrizione (IV secolo a.C.) del cosiddetto
Pilastro dei Claudii. LARIS AVLE LARISAL figlio di TIN/UNI. Il linguaggio dei
numeri nuragico ed etrusco. I documenti di Crocores di Bidonì e di Nabrones di
Allai; in Monte Prama blogspot.com. (11 gennaio).
2.
Detto linguaggio formulare si basa su un repertorio di voci non molto ampio
(poco più di una cinquantina) . In genere si tende ad esaltare la forza ('oz
) עז della
divinità paterna ('aba אב) taurina ('ak
= 'aleph) yh (oppure, yhh, yhw, yhwh)
יה יהה יהו יהוה; forza che si esplica particolarmente in virtù della sua doppia luce (o
doppio occhio) soli - lunare chiamata nr נר.
3.
V. nota 1.
4.
Per la divinità androgina greca ma di origine semitica del santuario greco di Pito
(Delfi) si veda il nostro saggio I segni del Lossia cacciatore. Le lettere
ambigue di Apollo e l'alfabeto protogreco di Pito, S'Alvure ed. 2007;
5.
E' noto che la forza della cultura etrusca, soprattutto di quella religiosa
scritta, venne meno con la conquista definitiva dell'Etruria da parte dei
Romani e con la conseguente, pressoché completa, assimilazione di essi già in
periodo tardo repubblicano (II - I secolo a.C.). Lo stesso avvenne per la
cultura scritta religiosa nuragica e quella egiziana che durarono oltre il
periodo repubblicano; ormai usate da pochissimi scribi (sempre di più
emarginati) e conseguentemente da
pochissimi comprese (data la loro natura di scritture poco o nulla funzionali,
di sistemi a rebus poco pratici per l'uso immediato) nell'arco di due o tre secoli scomparvero del
tutto.
6.
Dobbiamo parlare solo di archeologi sardi perché nessun archeologo
(anche perché depistato dalle asserzioni correnti, sempre caparbiamente
ribadite, dell' inesistenza di una scrittura sarda in periodo nuragico) al di
fuori dell'Isola, mai ha pensato di dover indagare sulle possibilità che ci
fosse un qualche codice alfabetico. Si consideri ancora che per tanto tempo ha
prevalso nell'archeologia sarda l'idea di una cultura barbarica (e quindi con
disinteresse totale per il dato della
scrittura), idea sostenuta con vigore, quasi fino alla sua morte, dall'archeologo più famoso e più
'convincente' (maestro 'sardus pater')
della Sardegna, ovvero Giovanni Lilliu. E si consideri infine che solo
da pochissimo tempo qualcuno dei suoi seguaci solo 'post mortem' ha 'osato' far cenno,
con metodo interamente speculativo e non rigorosamente scientifico, facendo
leva su inconsistenti e strambe basi documentarie, all'esistenza di una scrittura con segni
fonetici incerti e quindi dal lessico misterioso e non riconducibile a nessuna
lingua. Si veda il severo e puntuale
saggio di Aba Losi, 2014, Va bene prof. Ugas: ma come la mettiamo con i database di R.N. Fletcher?; in Monte Prama blogspot.com ( 24 agosto)
7.
Si veda, tra i numerosi articoli scritti sull'argomento in questo Blog, Atropa Belladonna (Aba Losi), 2012, Crearescrivendo e indossare formule; in Monte Prama blogspot.com (2 Novembre); eadem, 2013,
Foto del giorno: scrivere "con" i vasi ed i troni; in
Monte prama blogspot.com (12 maggio); eadem, 2014, S' Arcu 'e is Forros, loscarabeo: crittografico e con l' androgino? In MontePrama blogspot.com (11
maggio eadem, 2014, Quando Amun 'tornò' a Cabras (dalla conferenza
tenuta in Cabras il 7.04.12: Dagli scarabei sigillo alle tavolette delSinis. La scrittura del dio nascosto in MontePrama blogspot.com (23 Ottobre).
8.
Sanna G, 2014, Il nome di Tharros (THARRUSH) in un' iscrizionenuragica, etrusca e latina del III - II secolo a.C. Un Lars di nobile origine
etrusca 'curulis' di Roma in Sardegna; in Monte Prama blogspot.com (27
aprile)
9.
Il disco o il cerchio della luce, oltre
che inteso epigraficamente come tale nei monumenti (si pensi al cerchio nella
sommità dei nuraghi e al cerchio che forma l'esedra delle T.d.G.) e nelle
raffigurazioni rupestri (scritta monumentale di Santo Stefano di Oschiri
e scritta monumentale di Bidda Maiore di Senis), si trova nei documenti
epigrafici in mix (con scrittura cioè ideografica, pittografica e cosiddetta
'lineare' : v. Sanna G., 2004, Sardōa
Grammata. 'Ag 'Ab sa'an, ecc., cit.
cap. 6., pp. 256 -260). Le stesse cosiddette Tanit, ormai da dichiararsi
nuragiche e non puniche (V. Atropa Belladonna, 2012. L'incredibile storia
dei cocci di Orani e le antichissime Tanit sarde; in Monte Prama
blogspot.com (11 novembre); Sanna G., 2012)
Tanit, il Toro eterno celeste e i versetti 3 e 4 del
libro della Genesi (II); in Monte Prama Blogspot.com ( 21 Novembre)), sono
composte con il segno 'cerchio' della luce.
10.
Si tenga presente, come abbiamo precisato altre vole, che NR/NL è spesso
scritto con la nasale iniziale data dal
serpentello pittografico di origine protosinaitica (v. Sanna G., 2014, Sha'ar
ha ba'al di San Giovanni del Sinis (Tharros). Il sincretismo
religioso e l'occhio astronomico immortale dei tre soli: Shamash, Nur, Ra. Il
mix della scrittura e la scuola scribale nuragica in periodo tardo (IV
-III secolo a.C.); in Monte Prama blogspot.com (12 giugno) La lettura non è pertanto il semplice N+R ma nachash
נחש +
N +R : Serpente + luce e cioè 'luce immortale'.;
11.
Sanna G., 2010, I nuragici. Estrosi, anche e soprattutto con i numeri;
in gianfrancopintore blospot.com (27 maggio).
12.
La voce, tra l'altro, si trova attestata in lettere chiarissime ('aleph +
gimel oppure 'aleph + kaph) nella pietra di Terralba, nel coccio del
Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore e nella barchetta di Teti (v. Sanna G., Ed
ecco finalmente la parola "Nuraghe". In una scritta a Terralba;
in gianfrancopintore blogspot. com (4 luglio); idem, 2010, Il documento in ceramica di Pozzomaggiore;
in Melis L., Shardana, Jenesi degli Urim, PTM ed. Mogoro. pp. 153
-168; idem, 2013, Auguri da Teti.Firmato: NuR Hē ’AK Hē ’ABa Hē; in Monte Prama blogspot.com (9 dicembre).
13. Lo scriba inventore della tavoletta 'specimen'
ovvero del sigillo ( quello che poi sarebbe stato adoperato in serie, ma sempre
con modifiche riguardanti l'identità dell' abay defunto) si è
preoccupato di far si che tutti i segni, a cominciare dallo stesso supporto
fallico, mostrassero, sia pur in raffinata crittografia, l'allusione al toro.
Punti, linee verticali ed orizzontali, segni alfabetici lineari di tipologia
protocananaica, segni di tipologia ugaritica, di tipologia 'sarda', segni
agglutinati, numeri, ecc., concorrono tutti a magnificare la 'taurinicita' del
padre celeste Dio, del padre 'terreno' e, soprattutto, del figlio dell'uno e dell'altro (v. figg. 8
e 9).
14.
Per l'agglutinamento (che può essere ora con legatura ora con nesso o con
entrambi), uno degli aspetti fondamentali del sistema di scrittura arcaico
sardo, di cui tante volte si è parlato,
si veda soprattutto: Sanna G., 2011, Scrittura nuragica: ecco il
sistema. Forse unico nella storia della scrittura; in Monti Prama. Rivista
semestrale di Quaderni Oristanesi. N° 62, pp. 25 -38.
15.
Sanna G., 2013, La bipenne nuragica bronzea scritta di S'Arcu 'e isForros di Villagrande Strisaili e la 'potenza' (עז) di IL YHWH; in Monte Prama blogspot. com (8
Ottobre).
16.
V. comunque, Sanna G., 2013, La bipenne nuragica bronzea scritta , ecc. cit. (v. nota 15)
17.
Sanna G., 2012, L'alfabeto nuragico. Aggiornamento (al 2012): poche
le sorprese; in gianfrancopintore blogspot.com (12 febbraio). Dalla data del 2011 il segno a
barrette della zayn (ora orizzontali, ora oblique, ora verticali) è comparso ancora decine di volte.
18.
Ricordiamo che i più antichi segni 'polisemici' della scrittura 'nuragica' si
trovano, a nostro parere, nelle cosiddette 'statue stele' (in realtà lastre
tombali) del Sarcidano. V. Sanna G., 2004, Sardoa grammata. 'Ag 'ab sa'an
Yhwh, ecc. cit. cap. 6. pp. 239 - 245.
19.
Es, 4, 25; I Sam 18, 25. In nuragico, per indicare il 'sesso', si trova scritta (tavoletta A3 di Tzricotu)
anche la voce 'rwh nell'
espressione singolare (prettamente cananaica e precedente il V.T.) yhwh hy
'rwh יהוה הי ערוה. La straordinarietà di detta espressione scritta
consiste anche nel dato stilistico ovvero nel fatto che le singole voci sono le
uniche, nell'intera scritta, riportate in agglutinamento; evidentemente non solo
per suggerire in qualche modo la presenza di esse ma anche per arricchire e
rendere sempre rigorosamente organico un documento basato sempre sul numero
sacro 'tre'.
20.
La 'variatio' (lo abbiamo sottolineato più volte) è uno degli aspetti che caratterizzano
la scrittura nuragica. Lo scriba tende a non riscrivere mai la parola in uno
stesso modo e per far ciò ha naturalmente a disposizione innumerevoli risorse
(i segni omofonici ma non omografici, i segni pittografici al posto dei segni
lineari e viceversa, l'agglutinamento in legatura o in nesso, la numerologia
lessicale convenzionale, l' iterazione logografica, ecc.)
21.
Il nome della divinità significativamente è sostituito dal 'pro' nome. Ma anche
quando esso non c'è, le voci yh, yhh, yhw, yhwh non sono 'nomi'
quanto allusioni alle sue qualità (l'androgino, il toro, il datore di vita,
ecc.). Ci permettiamo di dire che ciò, secondo noi, dimostra che non ha proprio
senso il non pronunciare il nome di YHWH
in quanto gli scribi cananaici avevano già provveduto alla sua non
pronunciabilità, realizzando sia i segni fonetici 'allusivi' sia le voci ugualmente 'allusive' perché proprio questi venissero pronunziati e
non altri. Per essere più chiari: se noi diciamo Maschio - Femmina (YH) non
chiamiamo dio per nome ma ne indichiamo intuitivamente una fondamentale natura
ovvero l'androginia. E così, se noi pronunciamo YH al contrario, non gli diamo
il nome ma diciamo semplicemente (HY)
che è 'colui che dà la vita'. Quindi si deve pronunciare
proprio quello che è a bella posta
inventato, il sostituto di esso, perché si pronunci. Del resto, si sa che Dio
(YHWH) non dà a se stesso un nome (il celebre 'io sono colui che sono' אהיה אשר אהיה )
perché il darlo sarebbe stata una
concessione agli uomini per la sua completa conoscibilità Pertanto anche lui dice 'di sé' ma non dice 'chi è'. Dice (forse) della sua 'assolutezza' ma non
dice 'chi è Lui che è l'Assoluto'. Il V.T non lo tramanda ma, secondo noi, il buon Mosè deve aver detto
a se stesso, all'incirca: 'boh! Ma il
fratello Aaronne gran sacerdote fece gran tesoro di quel 'boh'! E insegnò a
tutti a dire sempre 'boh'!